Quei piccoli santi nel segno della gioia

I paesi in cui sono vissuti bambini canonizzati, tra l’Italia e il resto del mondo. Tante storie diverse, un solo denominatore: l’amore per la vita, nonostante la sofferenza.

Quei piccoli santi nel segno della gioia

La ricerca di un senso, soprattutto nel dolore, nelle relazioni, nelle sconfitte come nei successi, fino ad arrivare alla questione della morte e dell’oltre.

“Nasciamo originali e rischiamo di morire fotocopie”. Questa espressione del giovane Beato Carlo Acutis (1991-2006), che padre Enzo Fortunato ama ripetere spesso anche durante la rubrica “Tg1 Dialogo”, quando ci facciamo scuotere dalle storie di bambini e ragazzi straordinari, è veramente un grande inno alla vita vera, reale, nella quale ciascuno è portatore di una originalità, di uno spirito nuovo, unico e irripetibile, incarnato nella complessità della contemporaneità, nella sua liquidità e nello stesso tempo alla ricerca intellegibile ed affettiva di un senso, soprattutto nel dolore, nelle relazioni, nelle sconfitte come nei successi, fino ad arrivare alla questione della morte e dell’oltre.

Nelle contraddizioni del nostro tempo, attraversato dall’insicurezza e dalla paura per il ritorno della guerra e del terrorismo, e da uno spaesamento che rischia di non farci riconoscere l’oggettività del vero, del buono e del bello, che cosa ci insegnano i santi bambini anche in vista della Giornata Mondiale del 25-26 maggio?

Se guardiamo al mondo e alle canonizzazioni dei bambini, in Europa spicca la giornata del 13 maggio 2017. A cento anni dalle apparizioni di Fatima, Papa Francesco proclama la santità di Francesco e Giacinta Marto, i due fratellini che con la cugina Lucia avevano visto e ricevuto messaggi dalla Madonna sulle guerre mondiali e sui totalitarismi del Novecento.

La loro testimonianza di preghiera e di sacrificio per la pace, e la salvezza dell’umanità è un esempio di coraggio e di gioia, nonostante sofferenze e umiliazioni. Morirono entrambi giovanissimi, travolti dall’influenza spagnola, Francesco a 11 anni e Giacinta a 10. Sono un segno per l’Europa e per le sue radici cristiane.

Per l’Italia, un santo molto popolare è Domenico Savio, nato a Mondonio, una frazione di Castelnuovo Don Bosco, in provincia di Asti. È considerato l’angelo delle mamme con gravidanze difficili, per aver salvato con le preghiere alla Madonna la madre incinta gravemente malata e il fratellino. Nato nel 1842 e morto di tubercolosi che non aveva ancora 15anni, Domenico impressiona lo stesso Don Bosco per il suo programma di vita basato sul vangelo e sull’amicizia con Gesù, essendo sempre allegri.



Per le Americhe, incontriamo San Giuseppe Luigi Sanchez Del Rio, ucciso in odio alla fede all’età di 14 anni durante le persecuzioni della rivoluzione messicana. Arrestato e torturato, si rifiuta di rinnegare il cristianesimo, anche se in cambio gli viene offerta la liberazione. Beatificato da Benedetto XVI, canonizzato nel 2016 da Papa Francesco. È un simbolo della lotta per la libertà religiosa nel mondo, che continua anche oggi. Per l’Africa ricordiamo i martiri ugandesi del 1886, tra cui Kizito, di 14 anni. Anche lui come i suoi compagni viene ucciso per la fedeltà alla sua fede che non abbandona, come gli chiedeva invece il re di una regione dell’Uganda.






Per l’Asia e l’Oceania siamo in difficoltà a individuare bambini santi canonizzati (non solo beatificati). Lanciamo un appello per capire se ci siamo dimenticati di storie che esistono. Lo ripetiamo: la ricerca riguarda l’Asia e l’Oceania. L’obiettivo è costruire una mappa di santi bambini, uno per ogni continente. Nel fare questo lavoro, anche per Tg1 Dialogo, ho fatto anche una piccola ma importante scoperta, incontrando il dott. Enrico Solinas, giudice del Tribunale Ecclesiastico Regionale Umbro e postulatore della Cause dei Santi. Solinas sta seguendo le storie di undici bambini italiani, per l’eventuale introduzione di una causa di beatificazione.


Quello che esprimono questi bambini è, nonostante l’età e le gravi malattie, una fede continuamente alimentata dalla preghiera, dall’esperienza dell’incontro e del dialogo con Gesù, nella gioia, e nella vivacità, accompagnati dai sacramenti, consapevoli che c’è una salvezza più grande che li aspetta, una redenzione dell’umanità a cui partecipare. Queste storie appartengono a questo secolo e sono immerse in questa modernità con tutte le nostre domande sul mistero del dolore innocente. E allora ripercorriamo brevemente queste vite, attraverso le parole dei genitori.





Manuel Foderà, di Calatafimi Segesta (Trapani), morto a 9 anni nel 2010, colpito da un neuroblastoma: “Manuel - ci racconta il padre - ha offerto la sua sofferenza per i cuori induriti. È un bambino che aveva sempre la Bibbia sul cuscino.”



Lisa Rossi, di Urbania (provincia di Pesaro e Urbino), è una bambina che muore anche lei a 9 anni per un tumore. “Pensando a Lisa - ricorda la mamma -, penso alla sua grinta, forza, sorriso. “Non comanda la malattia, comando io!” diceva Lisa. Ma – continua la mamma – non pensate a Lisa come a colei a cui va bene tutto, Lisa combatteva con Gesù, ci parlava, poneva mille domande, e ripeteva nello stesso tempo: “Gesù è l’amico più caro, più fidato che possiamo avere. È bellissimo e non sbaglia un colpo.”



Marta Masala, di Sassari, morta nel 2020 all’età di 10 anni, per un osteosarcoma. La madre dice così: “L’insegnamento più grande che ci ha lasciato Marta è quello dell’amore e della gioia, quello di superare le prove scegliendo di godere di quello che si ha, e di non guardare a quello che manca”.



Laura Degan, di Padova, morta all’età di 7 anni: “Laura non si lamentava della malattia. Era - ci spiega la mamma - in una intimità profonda con Dio, con un amore smisurato per il prossimo sofferente, in particolare per i bambini che soffrono per la guerra. E poi sapeva perdonare i bambini che non la lasciavano giocare. Era gioiosa, davanti a tutto e a tutti”.

"La vita è bella. Questa vita me l’ha donata Gesù, ed è bella, capito? Never give up, non mollare mai"


Giovannimaria Rainaldi, di Roma, morto nel 2013 a 7 anni a New York, dov’era in cura, colpito dall’età di 18 mesi da un ganglio-neuroblastoma. Eppure non ha mai smesso di essere un bambino gioioso. Come ci racconta la mamma, aveva una fede incrollabile, innamorato dell’Eucarestia e dell’Adorazione. Una mattina, di fronte ad un suo momento di scoramento, Giò le disse: “La vita è bella. Questa vita me l’ha donata Gesù, ed è bella, capito? Never give up, non mollare mai”.


Pregava anche per le persone dominate dalla cattiveria: “La preghiera può fare in modo che chiedano almeno una volta perdono a Gesù. Non un semplice scusa, ma perdono”. E ancora diceva: “Mamma, la tua immaginazione non può arrivare a vedere le cose belle che sta preparando Gesù per me e per te”.



E concludiamo con i tre fratelli Gravina, di San Marco in Lamis (Foggia). Rosaria, Giastin, e Cosimo, chiamati vulcani della gioia. Sono deceduti tutti e tre, tra i 14 e i 16 anni per una gravissima malattia genetica: “Ci hanno mostrato sempre la gioia – dice la mamma -. Ogni volta che stavano male, li ho sempre sentiti dire: “Sto bene”. E poi soprattutto in dialogo continuo con Cristo, per loro la Comunione era più che vederlo”.

 

Piero Damosso

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